Niger, l’inferno dei migranti scaricati ad Assamaka

di claudia

di Céline Camoin

Negli ultimi due mesi, più di 7.000 migranti subsahariani sono stati espulsi dall’Algeria verso il piccolo villaggio di confine di Assamaka, in Niger. Lo riferisce il giornale nigerino Aïr Info, tornando sulla delicata questione che preoccupa il Niger e le organizzazioni umanitarie dall’inizio dell’anno.

“L’altissimo numero di espulsioni e l’accresciuta frequenza di tali espulsioni fanno sì che è stata superata la capacità di accoglienza dell’unico centro di transito dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Di conseguenza, più di 5.000 migranti non nigerini, sconvolti e profondamente traumatizzati, girovagano per le strade di Assamaka”

Assamaka è un piccolo villaggio situato nell’estremo nord del Niger, a circa 200 km dalla città mineraria di Arlit e a una quindicina di km dal confine con l’Algeria. Si tratta di un villaggio di circa 2.500 abitanti che dall’inizio di marzo fino alla fine di aprile 2023 ha accolto ondate di migranti “intrappolati nelle reti delle forze di sicurezza algerine”, scrive il giornale.

“Dopo essere stati trascinati in centri di detenzione, espropriati da tutti i loro beni e aver subito i peggiori abusi, questi migranti dell’Africa occidentale vengono buttati in mezzo al deserto a 15 km da Assamaka. Un luogo chiamato ‘Punto zero’, segnato da una stele di metallo. Questi migranti vengono scaricati lì di notte, con le luci fioche del villaggio in lontananza come unica bussola. I più forti raggiungono il villaggio prima dell’alba e danno l’allerta alle Ong locali affinché si mobilitino per raccogliere i più deboli che non sono riusciti a coprire la distanza a piedi. Si tratta in genere di donne, bambini e anche uomini, feriti”

Dai racconti che fanno i migranti, sembra che le forze di sicurezza algerine abbiano picchiato alcuni di loro e abbiano preso tutti i loro averi, inclusi i telefoni.

Queste migliaia di deportati stanno ora cercando di sopravvivere nell’indigenza ad Assamaka, chiedendo aiuto ai rispettivi Paesi per un rimpatrio. Keita Mohamed, un cittadino guineano, afferma: “Quello che abbiamo vissuto, non è altro che l’inferno in terra”. “Siamo stati torturati, derubati d, ci sono feriti gravi tra di noi e persino morti”, ha detto ad Aïr Info. “Quello che gli algerini non capiscono, è che non siamo usciti dalle nostre case per andare a fare la bella vita. Siamo nati poveri, siamo cresciuti poveri, ma ci rifiutiamo di morire poveri. Se usciamo, è solo per lottare affinché il nostro domani sia migliore”.

Tra gli espulsi dall’Algeria vi sono cittadini di 27 nazionalità, principalmente africani subsahariani. Non tutti hanno potuto beneficiare delle cure dell’Oim. Nella loro ricerca di uno spazio dove stare, alcuni di loro hanno persino preso d’assalto il Centro di cure del villaggio. Hanno preso dimora anche sul tetto, tra i pannelli solari che forniscono energia elettrica, inseguendo l’ombra sotto un sole cocente e temperature di  46° all’ombra.

Altro grande problema: ad Assamaka, non c’è acqua in quantità sufficiente per i normali residenti. Il villaggio ha solo tre pozzi: il primo è fuori servizio, il secondo, costruito dall’Unicef, è destinato al servizio del Centro di cure, e il terzo serve a riempire la torre dell’acqua per le condutture idriche del villaggio. Non distribuiscono acqua potabile, ma i migranti sono costretti a berla o a camminare per chilometri alla ricerca di altro. La maggior parte delle persone ad Assamaka beve solo acqua minerale proveniente dall’Algeria.

“Anche se organizzazioni come Medici Senza Frontiere (Msf) per la loro assistenza sanitaria, o l’Oim, per l’accoglienza e l’alloggio, fanno del loro meglio per alleviare le sofferenze di questi migranti, questi sforzi rimangono insufficienti. Oggi, grazie a un nuovo arrivato in Assamaka, l’Ong italiana Coopi, la situazione sta un po’ migliorando. Infatti, appena installato, si è impegnata a costruire, con materiali e manodopera locale, due campi che possono ospitare ciascuno 1.500 persone. Ovvero 3000 migranti di cui intende prendersi cura grazie al fondo di sostegno all’emergenza dell’Unione Europea che la sostiene fino a due milioni di euro per i prossimi tre mesi”, scrive ancora il giornale del Nord del Niger.

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