Si piega ma non si spezza

di claudia

di Mario Giro

I contraccolpi della guerra in Ucraina continuano a essere pesanti per i Paesi africani, e per alcuni drammatici. Fiammate dei prezzi di prodotti d’importazione cruciali, e anche prestiti più costosi. Dopo il covid non ci voleva proprio. Ma la resilienza è ancora viva

Quali le conseguenze di oltre un anno di guerra sull’Africa? Con l’inflazione che ne ha rallentato la crescita, e l’interruzione delle catene di approvvigionamento, l’Africa è stata arrestata bruscamente nella sua risalita dagli effetti del covid. Ma la sua resilienza non viene meno, anche a causa delle politiche adottate. Si potrebbe dire che per il momento il continente si piega ma non si spezza. D’altronde gli africani tendono a stare lontani dal conflitto in Ucraina, sostenendo che li riguarda solo marginalmente. Ha fatto scalpore che il Sudafrica, membro dei Brics, abbia partecipato a esercitazioni navali con Cina e Russia. Non deve sorprendere: l’Africa prova a rimanere in bilico, come si vede anche dal voto all’Assemblea generale Onu. Pensa che schierarsi sia un rischio troppo alto, soprattutto visto che molti Paesi del continente stanno già pagando il prezzo del conflitto. Come si è ascoltato al vertice di febbraio dell’Unione Africana, l’opinione generale è che la guerra debba cessare al più presto.

Certamente le sanzioni alla Russia, se non hanno soffocato l’economia di Mosca, hanno avuto conseguenze talvolta gravi sul fragile tessuto economico del continente. Basti pensare ai prezzi alimentari e dei trasporti. Il covid-19 aveva già minato decenni di crescita continua: per la prima volta in trent’anni, l’Indice di sviluppo umano dell’Undp è sceso in Africa dallo 0,56 nel 2019 allo 0,53 nel 2022 (quello dei paesi Ocse è stato dello 0,895). Secondo la Banca africana di sviluppo, 15 milioni di africani in più rispetto all’anno scorso sono caduti sotto la linea della povertà estrema.

Foto di Luis TATO / AFP

La tendenza positiva si è dunque arrestata: prima della pandemia i Paesi africani erano tra quelli che crescevano di più al mondo, ma con la guerra in Ucraina sono passati dal 4,8% nel 2021 al 3,8% nel 2022. La cosa più grave è l’aumento del debito pubblico, che rischia di provocare una crisi finanziaria come quella degli anni Ottanta e Novanta. A causa di tale debolezza, l’Africa prende in prestito a un costo più alto rispetto al resto del mondo: l’accesso ai mercati finanziari internazionali diviene più difficile.

Sebbene il livello generale degli scambi tra il continente e la Russia e l’Ucraina sia trascurabile, alcuni Paesi ne dipendono per importazioni cruciali come grano, mais, fertilizzanti o acciaio. A titolo indicativo, solo nel 2020 i Paesi africani hanno importato l’equivalente di 4 miliardi di dollari in prodotti agricoli dalla Russia e di quasi 3 miliardi dall’Ucraina. Inoltre Russia e Ucraina forniscono rispettivamente il 32% e il 12% del fabbisogno di grano del continente. Oggi l’inflazione media in Africa va oltre il 13% e il rialzo dei prezzi delle materie prime sarà avvertito almeno fino al 2024.

Per la Fao, nel continente il prezzo del mais è cresciuto in media dell’80%, con aumenti del 50% per la farina, 40% per il riso, 37% per l’olio, 30% per il pollame, 20% per le arance e 10% per i pomodori. Quanto al grano, la Nigeria, quarto importatore mondiale, acquista il 25% del suo fabbisogno da Ucraina e Russia, mentre Benin e Somalia ne dipendono al 100%. Sudan, Uganda e Tanzania acquistano quasi la metà delle loro importazioni dai due Paesi in guerra. L’evoluzione dei prezzi dell’energia ha fatto temere il peggio nel 2022, anche se nel 2023 la situazione sembra stabilizzata, con la decisione del G7 di limitare il prezzo del greggio a 60 dollari al barile. Tuttavia nulla è assicurato: l’Arabia Saudita non accetta le limitazioni proposte e la Russia è entrata come osservatore nell’Opec (Opec+). Se prosegue, la guerra potrà ancora avere forti ripercussioni negative sul continente.

Non a caso al vertice Ua si è molto discusso di una mediazione africana. Idea molto difficile da mettere in pratica, ma che dimostra l’estrema preoccupazione africana per il conflitto.

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